Divieto dei patti successori

12.03.2024

L'ordinamento civile italiano, a differenza di altri ordinamenti europei (per esempio Germania, Svizzera e Regno Unito), sancisce a chiare lettere il divieto di patti successori. Tale espresso divieto trova la propria fonte normativa principale nell'articolo 458 del codice civile. L'articolo in questione sancisce la nullità di ogni patto volto a disporre della propria successione, dei diritti di una successione che si deve ancora aprire od avente ad oggetto la rinuncia a diritti successori su una successione ancora da aprirsi. L'articolo 458 del codice civile infatti recita:

"Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi."

Il patto successorio è quella convenzione (bilaterale o unilaterale) che ha ad oggetto, in tutto od in parte, una futura successione (art. 458 c.c.).

- Cass. 1971 n.2477: "I patti successori vietati, sono da un lato quelli aventi per oggetto una vera e propria istituzione di erede, rivestiti della forma contrattuale e dall'altro quelli che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, e facciano sorgere un vinculum juris di cui la successiva disposizione testamentaria costituisca un adempimento "

- Cass. 1979 n.2228: "La nullità dei patti successori é comminata dall'art 458 cod civ, al fine di conservare al testatore la libertà di disporre dei propri beni per tutta la durata della sua vita; ne consegue che una convenzione é qualificabile come patto successorio solo se attui la trasmissione di diritti relativi a una successione non ancora aperta e faccia sorgere un vinculum iuris, di cui la successiva disposizione testamentaria costituisca l'adempimento".

FONDAMENTO:

La scelta del legislatore italiano deve ricondursi ad una forte tutela della libertà testamentaria. Nell'ordinamento italiano può davvero ritenersi che "ambulatoria est voluntas defuncti usque ad vitae supremum exitum". Il testatore può in poche parole cambiare la propria volontà rispetto alla propria successione fino ad un istante prima della sua morte. Per questo motivo si ritiene il testatore non possa essere vincolato contrattualmente a disporre per testamento in un determinato modo piuttosto che in un altro. La sua volontà è quindi assolutamente libera, fino alla morte.

Un secondo motivo a cui va ricondotta la scelta del codice civile è da ricercarsi nella tipicità della delazione successoria. Nell'ordinamento italiano è possibile succedere per legge (successione legittima) o per testamento (successione testamentaria). Non è previsto un terzo genere di delazione "contrattuale" o "pattizia".

Tipi di Patti successori:

La Dottrina ha distinto diversi tipi di patti successori a seconda del loro oggetto e precisamente:

1) Patti istitutivi: con cui si istituisce contrattualmente un erede o si mira a disciplinare rapporti e situazioni che nascono direttamente con la morte del de cuius (è quindi un negozio mortis causa);

2) Patti dispositivi: con cui si dispone inter vivos di beni/ rapporti di (o che si prevede di acquistare da) una futura successione; l'atto può essere a struttura contrattuale o unilaterale, a titolo oneroso o gratuito.

Cass.: se l'oggetto del contratto non è stato considerato dalle parti come entità di una futura successione, è una valida vendita di cosa altrui;

3) Patti rinunciativi: con cui si rinuncia inter vivos (in qualsiasi forma) a beni/ rapporti derivanti dalla futura successione; il divieto risulta anche dall'art. 557 c.c. secondo cui i legittimari non possono rinunciare al loro diritto di riduzione stante il donante vivente;

4) Patti obbligatori: sono quelli con cui ci si obbliga a disporre della propria successione in una concordata modalità od a disporre/rinunciare su diritti che spetteranno su una futura successione. Sono anch'essi nulli ex art. 458 c.c.;

5) Patti indiretti: costituiscono una attribuzione indiretta mortis causa (come il contratto a favore del terzo con designazione del beneficiario nel testamento, che ha natura di negozio mortis causa perchè ogni effetto si avrà solo dopo la morte del soggetto).

Non rientra nel divieto ex 458 c.c. la comunione convenzionale ex 210 dal momento che possono essere compresi nella comunione solo i beni acquistati per successioni già aperte e non certo i beni che saranno acquistati in epoca successiva.


Giurisprudenza sull'argomento:

27/11/2015 – Cassazione civile sez. II 27 novembre 2015 n. 24291 Ai fini della configurazione della violazione del divieto di patti successori, la rinunzia ai diritti spettanti ad un soggetto in qualità di legittimario deve essere espressa in maniera non equivoca. Perciò, non vi è rinunzia se con scrittura privata venga determinato tra gli eredi il conguaglio ritenuto dovuto e riferito al valore di beni trasferiti ai figli dalla madre quando la stessa era ancora in vita e non per il tempo della (futura) successione.